Basterebbe una normativa ad hoc per scontare gli alimenti prossimi alla scadenza. Secondo il rapporto Waste Watcher 2013 ogni anno gettiamo insieme al cibo 8,7 miliardi di euro

La crisi economica non è un alleato contro lo spreco alimentare: ne è convinto Andrea Segrè, presidente di Last minute market e direttore del dipartimento di Scienze e Tecnologie alimentari dell’Università di Bologna. “È vero che nei periodi di crisi la gente compra meno – spiega – ma se sugli scaffali dei supermercati c’è sempre la stessa quantità di cibo, aumentano le probabilità che quei prodotti vengano gettati”. Per evitarlo, si potrebbero scontare del 50% i prodotti vicini alla scadenza. “Alcuni rivenditori già lo fanno – dice - ma perché diventi la regola, serve una normativa specifica”. Last minute market lancia il suo appello durante la presentazione del rapporto sullo spreco domestico “Stop waste now 2013”, il 9 ottobre a Milano. Elaborato da Knowledge for EXPO, il nuovo osservatorio dell’istituto di ricerche SWG (www.swg.it/home), e dall’osservatorio nazionale Waste Watcher (www.wastewatcher.it/), lo studio fornisce una mappatura dettagliata dello spreco alimentare in Italia - il resoconto del rapporto si trova al link www.wastewatcher.it/wp-content/uploads/2013/08/Executive_summary.pdf.

“Con questa indagine – afferma Furio Camillo, responsabile scientifico di Waste Watcher – vogliamo studiare le cause sociali e comportamentali dello spreco, per poi supportare azioni contro lo speco alimentare delle famiglie”.

Dall’indagine, basata sulle opinioni di 2000 persone che hanno risposto, on line, a un questionario di 100 domande, emerge che ogni settimana si gettano, in media, 213 grammi di cibo, per un valore di 7,06 euro. Facendo una proiezione sull’intera popolazione italiana, lo spreco domestico costerebbe quindi 8,7 miliardi di euro l’anno, cifra che equivale allo 0,5% del Pil. Gli alimenti più sprecati sono frutta (51,2%) e verdure fresche (47,2%).

Fra le 14 cause di spreco proposte dal questionario, la maggior parte degli intervistati sceglie motivazioni fisiche: “il cibo aveva fatto la muffa” (38,94%), oppure “era scaduto” (32,31%). “Solo al quinto posto – dichiara Camillo - c’è un’ammissione di colpa: alla domanda ‘ha cucinato troppo cibo’ risponde sì il 13,29%, mentre solo il 4,02% ammette che ‘non gli piacciono gli avanzi’. Le cause dello spreco variano in base alle abitudini alimentari e culturali degli intervistati. Sardegna (insieme all’Emilia Romagna,ndr), ad esempio, è la regione che più mostra un forte legame alle tradizioni culinarie: entro questi confini, ‘ho acquistato cose che non piacevano’ è la motivazione che prevale”.

Waste Watcher e SWG hanno poi individuato 9 “spreco-tipi”, che vanno dall’italiano più attento – “il sensoriale che getta solo se costretto”, con uno spreco di 4,81 euro a settimana - a “l’accumulatore ossessionato” che getta una quantità di cibo per un valore di quasi 13 euro a settimana.

Lo studio dimostra anche che esiste una correlazione fra quantità di cibo gettato e condizioni socio-economiche, stili di vita, orientamenti politici e ambientali. Ad esempio, i più attenti a non buttare gli alimenti sono anziani, casalinghe e persone convinte che lo spreco alimentare abbia gravi ripercussioni sulla salute del pianeta.

Del resto, i dati raccolti da Knowledge for EXPO registrano un aumento di sensibilità riguardo alla tutela ambientale. “Il 72% degli intervistati – afferma Maurizio Pessato, presidente di SWG - ritiene che lo sviluppo economico debba passare attraverso la salvaguardia dell’ambiente: il 15% in più rispetto al 2007”. Ma l’80% degli intervistati pensa che solo una persona su cinque, fra quelle convinte che i comportamenti quotidiani incidano sulla salute de pianeta, si impegni veramente su questo fronte.

La FAO stima che ogni anno si spreca o si perde un terzo del cibo prodotto, e cioè 1,3 miliardi di tonnellate di cibo, per un valore di oltre un trilione di dollari (www.fao.org/in-action/seeking-end-to-loss-and-waste-of-food-along-production-chain/en/).

Per Segrè, ciò accade perché abbiamo sostituito l’economia domestica con quella dell’accumulo, che ci porta a considerare il cibo una merce come tutte le altre. Un oggetto da rottamare, anche se ancora buono. “E allora come si fa a non sospettare che l’economia si basi sullo spreco?”.