“Il nuovo alleato nella lotta contro la fame”. L’ha definita così è José Graziano da Silva, Direttore generale della Fao. Non si tratta di un prodotto tecnologico brevettato o un costoso farmaco. È più semplicemente un cereale andino

“Il nuovo alleato nella lotta contro la fame”. L’ha definita così è José Graziano da Silva, Direttore generale della Fao. Non si tratta di un prodotto tecnologico brevettato o un costoso farmaco. È più semplicemente un cereale andino, conosciuto e coltivato poco nonostante le straordinarie capacità nutritive che lo caratterizzano. È la quinoa e il 2013 è l’anno della sua simbolica celebrazione. Da Silva ha infatti aggiunto che “questo straordinario cereale è stato un punto di riferimento culturale e un alimento base nella dieta di milioni di persone in tutte le Ande per migliaia di anni”.

Ecco perché la scorsa settimana, a New York, presso la sede centrale delle Nazioni Unite, il Segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon, la first lady del Perù, Nadine Heredia Alarcòn de Humala e il presidente della Bolivia nonché ambasciatore mondiale della Fao, Evo Morales, hanno dato formalmente il via all’anno internazionale a lei dedicato. L’obiettivo è semplice: promuoverne l’impiego per far fronte all’insicurezza alimentare, un fenomeno che riguarda direttamente circa 900 milioni di persone nel mondo. Resistente alla siccità, ricco di proteine, in grado di crescere fino a quattromila metri o sopportare escursioni termiche da -8 a 38 gradi. Elementi che hanno portato il presidente della Bolivia a definire la quinoa “un dono ancestrale delle popolazioni andine”, che per 7mila anni ne hanno tutelato e tramandato le proprietà. Un dono da gestire con cautela, come stanno positivamente dimostrando le alte rese in Kenya e Mali e il progressivo sviluppo oltre a Bolivia, Perù, Ecuador, Cile, Colombia e Argentina, anche negli Stati Uniti, in Canada, in Francia, nel Regno Unito, in Svezia, in Danimarca, in Italia e in India.

Accanto alla promozione della quinoa -salutata con l’amarezza dettata dal ritardo con cui le istituzioni internazionali ne hanno riconosciuto la centralità- Evo Morales, a capo di un Paese che ha condotto oltre un milione di persone fuori dalla povertà grazie ai programmi di nazionalizzazione e riappropriazione delle risorse naturali, ha suggerito un’altra strada: sottrarre i servizi di base e i diritti fondamentali alle logiche di mercato. “Perché -ha concluso- cercare di sradicare la povertà con politiche capitalistiche è un errore enorme non solo per certi paesi ma per l’umanità in generale”.