Presentato a Milano l'Indice Globale della Fame 2012. Accaparramento di terreni liberi, sottrazione d'acqua, scriteriate politiche energetiche. I fattori che minacciano la sicurezza alimentare dei più poveri. Su 120 Paesi sotto esame, circa il 20% è in condizioni allarmanti

Eritrea, Burundi, Haiti. Questi sono alcuni dei 20 Paesi che versano in condizioni allarmanti o estremamente allarmanti per quel che concerne il livello di nutrizione delle popolazioni.
Lo sostengono Ifpri, Welthungerhilfe e Concern, all’interno dell’Indice Globale della Fame (Global Hunger Index, Ghi), giunto nel 2012 alla sua quinta edizione. Sotto la lente è la scarsità delle risorse destinate alla produzione di cibo. In primo luogo la progressiva sottrazione di suolo coltivabile. Il fenomeno del land grabbing -soprattutto in Africa- ha interessato aree pari a sette volte l’estensione del nostro Paese. E dove si verifica, l'incremento dell'Indice è proporzionale.
Attraverso l’utilizzo di tre indicatori chiave, la percentuale di popolazione denutrita, il tasso di mortalità infantile e la percentuale di bambini sottopeso, l’Indice restituisce un accenno di miglioramento rispetto al 1990 -allora a quota 19,8 punti- oggi a 14,7. Tendenza sconosciuta all'Asia Meridionale (22,5 nel 2012) e all'Africa subsahariana (20,7 nel 2012). Contesto ancor più drammatico, tenendo conto che dalla Somalia e dalla Repubblica Democratica del Congo -dove vivono oltre 80 milioni di persone- non sono pervenute informazioni.

Il rapporto, e la presentazione avvenuta questa mattina da Cesvi (in collaborazione con Link 2007, ISPI, Comune di Milano e il Patrocinio di Expo 2015), rientra nella campagna Food Right Now, promossa sempre da Cesvi. “L’obiettivo”, afferma Stefano Piziali di ‘cooperazione e sviluppo’, “è quello di far convergere produttività e consumo sostenibile delle risorse”, abbandonando ad esempio i sussidi alla produzione di biocarburanti e agli idrocarburi.