Il 23 gennaio, in vista del prossimo Consiglio dell'ambiente europeo, la Commissione agricoltura della Camera dei Deputati ha approvato all'unanimità, e con il parere favorevole del Governo, una risoluzione che impegna il ministro dell’Ambiente Andrea Orlando a presentarsi all'incontro con proposte che cercano di limitare l'ingresso delle coltivazioni Gm in Italia e in Europa.

“Attribuire maggiore autonomia ai singoli stati Ue in materia di Ogm, con la possibilità di istituire zone Ogm free; ridurre la soglia di tolleranza per la presenza accidentale di Ogm negli alimenti, in coerenza con gli indirizzi europei sull’agricoltura biologica; destinare più risorse per la ricerca scientifica in materia agricola e, infine, a dire no all’immissione del granoturco Gm della linea 1507”. Sono questi alcuni dei principali passaggi di una delle risoluzioni approvate dalla Commissione agricoltura della Camera e confluite in un testo unificato lo scorso 23 gennaio. Un’indicazione che tenta di imprimere chiarezza all’operato dell’esecutivo e al titolare del dicastero competente, Andrea Orlando.

Roberto Burdese, presidente di Slow Food Italia, ha commentato soddisfatto: “la speranza è che questa risoluzione possa arrivare in Europa e diventare un riferimento per tutta l’Unione, magari proprio ispirando le azioni nel semestre di Presidenza italiana. E oggi più che mai, anche alla luce di questa votazione e del significato di queste proposte, diventa indispensabile fermare ogni semina di Ogm in Italia e soprattutto occorre fermare il percorso avviato dalla Regione Friuli Venezia Giulia per le norme di coesistenza. Sarebbe paradossale affermare in Europa la volontà dell'Italia di proteggere la propria biodiversità, mentre nello stesso tempo una Regione permette semine transgeniche. Noi siamo contrari all’uso di Ogm in agricoltura, tuttavia riconosciamo la complessità della situazione. Se il nostro Paese dovesse un giorno arrivare ad aprire alle coltivazioni Gm (cosa che ci auguriamo avvenga mai), che almeno si faccia a seguito di un percorso di confronto e di discussione condiviso da tutte le Regioni e non avviato da una soltanto!”.

Il tutto mentre il calendario riporta un cerchio rosso intorno al 9 aprile 2014. Quel giorno, infatti, il Tar del Lazio sarà chiamato a esprimersi sulla conformità del decreto interministeriale che nel luglio 2013 ha proibito per 18 mesi, fino al dicembre 2014, e fino all’adozione delle misure previste dal regolamento comunitario 178/2002 sulla sicurezza alimentare, la coltivazione sul territorio italiano del Mon810. Prodotto dalla Monsanto, è l’unico mais geneticamente modificato, autorizzato nell’Unione europea, dal 1998, e nel 2012 è stato coltivato su 130mila ettari di 5 Paesi: Spagna (116mila ettari), Portogallo, Romania, Repubblica Ceca e Slovacchia.

Di seguito il link al resoconto del dibattito in commissione Agricoltura dalla Camera e il testo finale approvato:
http://documenti.camera.it/leg17/resoconti/commissioni/bollettini/pdf/2014/01/23/leg.17.bol0163.data20140123.com13.pdf