Una legge approvata a novembre stabilisce una tassazione dell'8% sugli alimenti ipercalorici e impone l'aumento del prezzo delle bibite zuccherate

In Messico l’obesità si combatte aumentando le tasse. Il Senato ha approvato a novembre, con 75 voti favorevoli e 2 contrari, una legge che fissa un’imposta dell’8% sul prezzo degli alimenti che hanno più di 66 kilocalorie per 100 grammi; inoltre le bevande dolci costeranno l’equivalente di 5 centesimi di euro in più. Con questa normativa (http://gaceta.diputados.gob.mx/PDF/62/2013/oct/20131031-IX.pdf) il presidente Enrique Peña Nieto ha deciso di condurre una campagna di educazione alimentare contro le cattive abitudini alimentari dei suoi concittadini. Il Messico è infatti il Paese con i tassi di obesità e diabete infantile più alti al mondo: il 32,8% della popolazione soffre di obesità –quasi una persona su 3- e il diabete colpisce il 9,2% dei bambini. Di questa malattia muoiono circa 100mila messicani l’anno, e i malati sono circa 6,5 milioni. Entro i confini dello Stato si consumano in media 163 litri l’anno di bevande zuccherate: poiché nell’80% delle scuole manca l’acqua potabile, i bambini consumano spesso bibite confezionate. Il Messico è anche il Paese con la più alta concentrazione di McDonald’s: 300 in 32 regioni.

Con l’introduzione di questa nuova tassa lo Stato potrebbe così recuperare 230 miliardi di pesos (pari a circa 13 miliardi di euro) entro il 2017, con cui riuscirebbe a coprire le spese di sanità pubblica per malattie dovute alla malnutrizione –tra cui appunto obesità e sovrappeso- che sono stimate a circa il 6% del Pil.

Il valore dei cibi ipercalorici viene stabilito incrociando la categoria dei 9 alimenti considerati –tra cui snack e patatine- con il criterio del superamento di una certa soglia energetica, fissata a 275 kilojoules (unità di misura di energia, lavoro e calore) per 100 grammi, che equivalgono appunto a 66 kilocalorie. La normativa prevede inoltre la fornitura di acqua potabile al maggior numero possibile di scuole e l’obbligo di etichette nutrizionali per gli alimenti venduti nei supermercati.

Altri Paesi prima del Messico hanno deciso di intervenire sulla malnutrizione: la Norvegia, ad esempio, che nel 1981 ha aumentato le tasse su cioccolato e bevande zuccherate; ma anche l’Australia, con una legge, approvata nel 2000, che fissa al 10% l’imposta su bibite dolci, prodotti da forno e di pasticceria, e la Danimarca, che dal 2011 tassa del 2,3% i cibi ricchi di acidi grassi saturi. Anche il governo tedesco starebbe valutando la possibilità di aumentare l’IVA su tutti gli alimenti che contengono più di 275 calorie per 100 grammi. Come si legge su www.ilfattoalimentare.it, la tassa dovrebbe contribuire ad abbassare i valori di sovrappeso della popolazione, che interessa il 67,1% degli uomini, il 52,9% delle donne e il 15% dei bambini. Anche in Germania gli introiti che deriverebbero da questa tassa -17 miliardi di euro l’anno- potrebbero essere impiegati per curare gli effetti patologici di obesità e sovrappeso.

In Italia Renato Balduzzi, ministro della Salute del governo Monti, aveva tentato di introdurre una “Soda tax”, prevista all’interno della bozza del “Decreto salute”, nell’agosto 2012, ma la sua proposta è caduta nel vuoto.