A Milano, un progetto immobiliare contro i progetti sociali dell’area del Paolo Pini. A rischio anche i campi di un istituto agrario
Prendete dodici palazzi alti tra i cinque e i dodici piani e inseriteli in un’area di sette ettari che comprende un bosco urbano, orti comunitari a disposizione di chi ci vive e un terreno in uso a un istituto agrario. Presentate poi il tutto come un tentativo di “ricucire il limitrofo tessuto disomogeneo attraverso una riorganizzazione generale, determinando un più efficace ‘effetto quartiere’”. A provarci è la Provincia di Milano, proprietaria di oltre 150mila metri quadrati a Nord di Milano, in prossimità dell’ex ospedale psichiatrico Paolo Pini. Nell’ottobre del 2012, infatti, insieme al Comune di Milano e la Regione Lombardia, l’ente presieduto da Guido Podestà -nella persona dell’allora assessore al Territorio Fabio Altitonante (ora in consiglio regionale)- ha avviato un accordo di programma denominato “Housing Sociale nel Comune di Milano”, prevedendo qualcosa come 1.300 nuovi abitanti nella zona compresa tra via Litta Modignani, via Bovisasca e via Ippocrate, a pochi passi dalla stazione ferroviaria di Affori. Ed è proprio uscendo dalla fermata metropolitana, a poche centinaia di metri dall’area dove la Provincia intende fare a maglia con le betoniere, che s’incontra un enorme spiazzo transennato, con un cartello: “Porta Nord Milano, qui sorgerà il nuovo intervento”, firmato da Gfd Group e da due cooperative, Cclcerchicasa e Abitare. Sotto c’è una scritta a bomboletta: “Stop cemento”. Le reti metalliche, però, cingono il nulla, l’intervento si è fermato. Quel che c’è e si vede, a pochi passi, è la nuova vita del Paolo Pini. Dove gli abitanti accedono liberamente agli orti comunitari, a pochi metri dal TeatroLaCucina, l’ostello e il ristorante della cooperativa sociale La Fabbrica di Olinda (www.olinda.org) e la sede dell’associazione “Il giardino degli aromi” (www.ilgiardinodegliaromi.org), che dal 2003 coltiva e raccoglie piante aromatiche. Polmoni sociali che si sono stretti in comitato per contrastare la realizzazione dell’intervento, che è del resto previsto anche nel Piano di governo del territorio del Comune di Milano. Con loro, seppur in altra veste, la direttrice scolastica dell’istituto professionale Pareto, Susanna Bigari, che vanta l’unico indirizzo agrario della città. “La nostra scuola e il terreno di cui disponiamo sono di proprietà della Provincia. Mi limito a segnalare che un ettaro dei tre a servizio della didattica, con la serra (ristrutturata con 200mila euro dalla Provincia stessa), i tunnel a dimora per le piante, l’orto, il frutteto, l’area dove facciamo operare i ragazzi con macchinari specifici, ecco tutto questo andrà perduto”. A rimetterci non è soltanto il “Pareto”: “Questo è un quartiere che può contare su una biodiversità ormai rara in città -prosegue Bigari-, e il gesto della Provincia costituisce senza dubbio una forzatura”. Così come è una forzatura applicare il timbro “sociale” ai palazzi in costruzione. Patricio Enriquez, architetto e urbanista docente al Politecnico di Milano, è lapidario: “La parte autenticamente sociale dell’accordo, voce per la quale c’è un’altissima richiesta, è sotto al 25%, il resto non è tanto difforme dall’edilizia libera e dai suoi prezzi. Oltre a non prevedere alcun servizio, il programma della Provincia è una mera cessione di patrimonio pubblico per fare cassa, rivolgendo poco spazio all’edilizia agevolata per evitare che il valore delle aree perda quota”. Per conto suo, la Provincia di Milano preferisce rimandare ad una successiva conferenza stampa, dichiarando ad Ae a metà aprile, che “abbiamo trovato l’accordo con un istituto di credito, ora procederemo ai bandi”. E l’opposizione dei comitati di quartiere? “Abbiamo messo in conto di scaglionare gli interventi, si tratterà di spiegare le ragioni del progetto”. Ricucire, appunto.