Siamo ciò che mangiamo. E' incredibile pensare che in realtà siamo solo un insieme di proteine, carboidrati e grassi. Immagino quei piccoli mattoncini pentagonali zuccherosi che vanno a formare le nostre prime cariche energetiche e predispongono il nostro metabolismo.

Immagino quei mattoncini fibrosi che si legano uno dopo l'altro per formare i nostri muscoli. Senza dimenticare quei soffici e paffuti materiali grassosi che non solo deformano il nostro addome, ma vanno a formare anche le barriere cellulari.
E' incredibile quanto sia importante ciò che mangiamo: attività che nella nostra occidentale e civilizzata società ormai è una rutine, una cosa scontata.
Credo sia difficile, almeno nel nostro immaginario collettivo, pensare che un giorno l'abbondanza finirà e saremo costretti a privarci anche di un bene di prima necessità, un bene come il cibo.
Cosa succederà? Scompariremo anche noi, essendo il cibo ciò che siamo? Forse no.
Ci stiamo avvicinando sempre di più al momento in cui il cibo diverrà un lusso. L'importante in questo momento è accaparrarsi la quantità, vivendo nella società del consumismo e dello spreco.
In seguito, con l'avanzare delle restrizioni e delle mancanze, ci concentreremo prima sulla qualità e poi sul desiderio.
Ci mancheranno la palatabilità, il gusto e il sapore di ciò che prima davamo per scontato. Sentiremo il desiderio vorace di un po' di pasta, del pane, del pomodoro...
Ci avvicineremo sempre maggiormente alla povertà e, probabilmente, daremo maggior peso al cibo.
E' incredibile come ora come ora si aspiri all'anoressia o, dal lato opposto, si entri nel pericoloso e crudele circolo vizioso dell' obesità.
L'essere umano non sa darsi una misura. Comprende le misure e la loro importanza quando è costretto a non avere nulla.
Il possesso è una delle malattie più critiche dell'umanità.
Quando ci sarà consapevolezza della finitezza e della mortalità dell'Uomo, allora probabilmente si darà senso e misura alle cose.
Ci renderemo conto che senza cibo la macchina prefetta che è il nostro organismo è destinata a smettere di funzionare. Che anche una piccola ferita ha bisogno di rigenerarsi con quei piccoli mattoncini che si tengono per mano. Che, forse, quando un bambino del terzo mondo non piange più per la fame è ormai troppo tardi. Che l'esagerazione porta non solo ad un male psicologico nel quale una persona vorrebbe smettere di guardarsi allo specchio perchè non si accetta, ma comporta dei rischi e delle conseguenze ragionevoli per il proprio organismo.
Quando aumenterà la consapevolezza migliorerà l'atteggiamento e il metodo per risolvere tutti i tipi di crisi... anche se il primo passo per uscirne è non pensare mai solo a se stessi, ma immaginarsi come una comunità. Il problema di uno è il problema di tutti.
Vinceremo contro la crisi (qualsiasi essa sia) quando la qualità della vita non sarà solo un'utopia  filosofeggiante, ma una vera realtà ... l'unica routine alla quale noi tutti aspiriamo.