I biocarburanti vengono considerati come uno strumento nella lotta all'inquinamento. In realtà la loro produzione secondo le stime della Banca Mondiale sarebbe responsabile per il 75% dell'aumento dei prezzi che ha portato alla crisi alimentare.

Per capire questo dato bisogna prima comprendere cosa sono i biocarburanti. Ecco brevemente cosa si intende quando si parla di biocarburanti: biodiesel, bioetanolo e biogas. Il biodiesel è un carburante rinnovabile, prodotto da oli vegetali come l’olio di palma, l’olio di semi di colza, di girasole e di soia o anche da oli di frittura esausti o grassi animali. Il bioetanolo è prodotto dalla fermentazione di componenti zuccherine di parti vegetali (canna da zucchero e cereali). Il biogas è ottenuto mediante digestione anaerobica di liquami e rifiuti organici agro-alimentari (ma anche dalla frazione umida dei rifiuti).
Secondo l'Unicef il paradosso è che nonostante la crescita dei prezzi dei grani agricoli, soprattutto di mais e soia (destinati alla produzione di biocarburanti), nei paesi in via di sviluppo le colture cerealicole sono in aumento ma la popolazione locale non ne può beneficiare.
E l'Italia quanto produce in termini di carburanti rinnovabili? Assocostieri, Unione produttori biocarburanti, unica associazione in ambito Confindustria rappresentativa del settore dei produttori di biodiesel, sostiene che l'Italia è al secondo posto in Europa per capacità produttiva di biodiesel con un valore che si aggira intorno alle 2.000.000 tonnellate l'anno. Sul suolo italiano sono presenti 19 impianti, di cui 4 in costruzione, i quali produrranno circa 600.000 tonnellate.
Il problema della produzione dei biocarburanti in Italia è che vengono fatti con materia prima importata perché le superfici agricole non sono sufficienti. Il cortocircuito consiste nel fatto che se per produrre biocarburanti bisogna importare la materia prima si annulla il vantaggio ambientale a causa delle emissioni relative al trasporto dei prodotti agricoli dai luoghi di produzione a quelli di trasformazione in biocarburanti.
La direttiva europea del 2009 sulle energie rinnovabili impone una quota pari al 10 % di energia rinnovabile nel settore dei trasporti entro il 2020, che rischia di essere raggiunto solo con l'utilizzo di biocarburanti di prima generazione, ossia quelli prodotti dalle colture alimentari.
Però il 17 ottobre 2012 c'è stata un'importante svolta a livello europeo per quanto riguarda l'utilizzo di biocarburanti di prima generazione: limitare la produzione di quelli di prima generazione derivati da culture alimentari (dal mais alla colza ed altri) per favorire la produzione di biocarburanti ''sostenibili'', quelli frutto delle ricerche più recenti che possono essere estratti da alghe, rifiuti, paglia ed altri tipi di residui, le cui emissioni di gas ad effetto serra sono inferiori ai carburanti fossili e non interferiscono con la produzione alimentare mondiale. (Ansa del 18 0ttobre 2012) Questo è solo uno dei passi avanti fatti per ridurre le emissioni senza però causare e peggiorare la crisi alimentare dei paesi in via di sviluppo.
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